Titolo opera: s.t.

Codice: 064

Artista: Sucato Giusto  (1950) Palermo, fondatore del Centro Studi di ricerca e Documentazione “Godranopoli”

 

Anno opera: 1988

Nazione: Italia

Supporto: metallo

Tecnica: composizione metallica  

Dimensioni: 71,5x51,5 cm con cornice

Stile: Pittura del segno, Poesia Visiva, Pittura-Scrittura-Scultura

Corrente artistica: neoavanguardia

Stato conservazione: buono

Ubicazione opera originale: Parma

Descrizione: firmato dall’autore sul fronte

 

Biografia:

Giusto Sucato nasce a Palermo nel 1950. Autodidatta, la sua opera semplice e povera viene dalla terra e dal duro lavoro dell'uomo. Testimone della tradizione e del lavoro come quotidianità, un rito che rivela il fluire ininterrotto del tempo e delle stagioni. Possiede un'eccezionale capacità di modellare la materia, anche se povera ed arida e di adattarla al gusto estetico e alla poetica.

Il modello culturale dell'artista è "Godranopoli" un vero e proprio museo agreste, che lo stesso artista per lunghi anni e con le sue opere ha contribuito a realizzare insieme al suo grande amico e compagno Francesco Carbone, un intellettuale tra i maggiori esponenti del mondo culturale siciliano, che ha sperimentato con lui una metodologia di "aggregazione" sul piano storico e artistico, un esempio riuscito che a tuttoggi è possibile visitare (il museo di Godranopoli si trova nel paese di Godrano in provincia di Palermo).
La memoria è trasmessa attraverso esperienze passate e rielaborate sulla base di informazioni dinamiche immesse nella realtà contemporanea. La materia prima per la realizzazione delle sue opere è costituita da oggetti e da materiali che nel passato hanno avuto una funzionalità oggettiva (vecchi arnesi da lavoro contadino e artigiano, sedie, chiodi, ecc.). Questa elaborazione artistica delle forme e delle strutture esprime una molteplicità di valori ed emozioni tipicamente"mediterranee". Cresciuto in Sicilia in un periodo storico fondamentalmente legato al mondo contadino e pastorale e alle sue tradizioni, ad un certo punto della sua vita comincia a rimodellare e rimontare i vecchi arnesi contadini o artigianali vecchi o in disuso per ricercarne una finalità "artistica"in armonia con i gusti e le tradizioni, ma soprattutto con la natura, quasi in contrapposizione al mondo tecnologico che avanza inesorabilmente con ritmo e logiche opposte.
Giovanissimo incontra Francesco Carbone, il quale sul finire degli anni 60 entra a far parte del "Movimento delle comunità di base" una struttura culturale sorta alla base dell'organizzazione sociale territoriale fuori dalla logica verticistica e ufficiale delle istituzioni.

 

Mostre  personali:

1981 “Le soglie della Memoria”, Accademia di Belle Arti, Palermo.

1981 “Le porte dell’Islam”, Galleria 3A, Centro Studi di Arte Contemporanea, Enna.

1982 “Il Linguaggio dei Muri”, Galleria Franca Prati, Palermo.

1982  Libreria Nuova Presenza, Palermo.

1983 “Il riciclaggio dell’oggetto di consumo come ipotesi di una diversa civiltà”, Accademia di belle Arti,

          Palermo.

1983 “Alla ricerca del tempo perduto”,Centro Duchamp, Caltanissetta.

1983 “Alla ricerca del tempo perduto”, Galleria 3A, Centro Studi di Arte Contemporanea, Enna.

1984 “Le Maschere Afro-Mediterranee”, Teatro Libero, Università, Palermo.

1985 “Habitat”, Opera Universitaria, Settore Culturale a cura di F. Carbone, Palermo.

1985 “Autoctinia”, Ente Fiera del Mediterraneo, Palermo.

1986 “Habitat 2” e “Gronadopoli”, Centro Studi Ricerca e Documentazione, Godrano , Palermo.

1987 “L’Albero Ecoligico”, Ente Fiera del Mediterraneo, Palermo.

1988 “Associazione Voltaire”, Palermo.

1988  Centro d’Arte e Cultura Il Brandale, proposta da Mirella Bentivoglio, Savona.

1988 “L’Oggettualità”, a cura di Anna Gutillot, Dopolavoro P.T., Enna.

1989 “Etra uno”, Studio71, Palermo.

1989  Expoarte, Godranopoli, a cura di F. Carboni, Bari.

1990  Galleria Priapo, Palermo.

1990 “Eco Arte”, Ente Fiera del Mediterraneo, Palermo.

1991 “In cammino verso il linguaggio”, Galleria Acefalo, Bagheria.

1991 “Lux inter omnia corporalia”, Installazione, a cura di Giusy Bertini, Misilmeri.

 

Mostre Collettive:

 

1982 Galleria 3A, Azione Mostra di Pansinglossie, Centro Studi di Arte Contemporanea, Enna.

1982 “La Disavanguardia”, Accademia di belle Arti, Palermo.

1983 “Pace e diritti umani”, Palazzo dei Congressi, Firenze.

1983 “Olocausto”, Mostra itinerante Palermo, Amburgo, Varsavia.

1983 “Il riciclaggio dell’oggetto di consumo come ipotesi di una diversa civiltà”, Accademia di belle Arti,

          Palermo.

1983 Bottega di Hefeso 3A, Intermediart, Centro Studi Ricerca e Documentazione, Palermo, Enna.

1984 “Circumnavigazione”, Galleria Ezio Pagano, Bagheria, Palermo.

1985 “Presenze in Sicilia”, Comune di Valverde, Valverde, Catania.

1987 Aspetti della ricerca artistica giovanile a Palermo e Venezia, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia.

1987 “Il giardino incantato”, performance, Il Luogo degli eventi Montemaggiore, Belsito, Palermo.

1987 “I luoghi dell’Arte”, tradizione e immaginazione, San biagio Platano, Agrigento.

1987 “Realtà agricola siciliana”, Gramichele, Catania.

1987 12 pittori a Monreale, Palermo.

1988 “La fede nell’Arte”, VII Rassegna, Monreale, Palermo.

1988 “Made a Palermo”, Galleria d’Arte Moderna a cura di S. Troisi, Palermo.

1988 Premio FIMIS, Palermo.

1988 Premio Internazionale d’Arte Contemporanea Città di Campobello di Mazara, Trapani.

1988 “Il cavallo immaginato”, Villa Amalfitano a cura di F. Carbone, Palermo.

1989 1° Mostra di pittura siciliana contemporanea, Villa Miscemi, Palermo.

1989 1° Rassegna Arte pro Unicef a cura di Giorgio di Genova Kafara Hotel S. Flavia, a cura di Ezio Pagano,

          Arte Contemporanea, Palermo.

1990 2° Biennale di Arte Contemporanea, Città di S Agata Militello (ME).

1990 “Scrollarsi di dosso”, L’Intifada nell’arte, Scolpire il Tempo, Laboratorio Internazionale d’Arte e

           Cultura nei territori della Palestina, Palermo, Savona, Genova, Verbana, Roma.

1990 “Focus”, Galleria Acefalo, Bagheria (PA).

1990 Gruppo di Numero, Galleria La Maddalena, Genova.

90/91 L’Albero di Natale, Galleria d’Arte Esca Viva, Genova.

1991 Pittori siciliani in Giappone, a cura di Todi Caraffa, Suzuca, Associazione culturale Voltaire.

1991 “Tracce e segnali”,Palazzo steri, Palermo.

 

Critica:

 

Giusto Sucato è artista ed animatore allo stesso tempo, in una realtà, quella misilmerese, un po’ sorniona e corpulenta. Il suo spessore artistico conosciuto e apprezzato sul territorio nazionale, entra col contagocce nelle vene dei misilmeresi, attardati su una visione del fatto artistico ai limiti del classico.

Questa volta Giusto Sucato si presenta con un linguaggio d’intesa piuttosto che di rottura, non rinunciando tuttavia al connubio fra arte e promozione culturale che è costante nella sua parabola di uomo-artista.

L’operazione proposta riporta alla luce un pezzo di Misilmeri a tutti noto, ma per ciò stesso non conosciuto. La via Trebisonda, col suo arco e il suo percorso si inerpica e tocca i piedi del castello arabo-normanno, è la sopravvivenza di una realtà che si è fermata al nostro medioevo, col suo sviluppo a cerchi concentrici, con l’impossibilità strutturale di essere transitata dai moderni autoveicoli, con la sua forza-debolezza di lasciare tutto così come è stato trovato.

E’ questa Misilmeri che viene riscoperta grazie a Giusto Sucato e alla sua installazione; una Misilmeri che si muove seguendo i ritmi di un tempo denso, che guarda al futuro con la preoccupazione di essere aggredita e di scomparire definitivamente.

Domenico Tubiolo, Direttore Biblioteca Comunale Misilmeri (1991)

 

Giusto Sucato rappresenta oggi una delle più forti manifestazioni artistiche presenti a Misilmeri. In occasione della Santa Pasqua questo Assessorato lo riscopre, per la straordinaria idea di Arte totale di cui si fa veicolo la sua installazione. Non solo  arte con un messaggio specifico, insito, ma anche arte come contestualità, come momento di valorizzazione del centro storico e della sua immagine.

Nino Di Pisa, Assessore allo sport Turismo e Spettacolo

 

Osservava Giustamente D’Ambrosio che a causa della diffusione della scrittura tecnologica, che rimane strettamente riproduttiva e impersonale, nella cultura occidentale la scrittura si è allontanata dal soggetto per carenza di pulsione, soprattutto per la rimozione e il declino della scrittura manuale e del suo gesto di deposizione del segno.

Alcuni settori dell’arte contemporanea hanno però recuperato la manualità, la fabrilità ideativa, ritenendola capace di registrare moti vitali, di dar conto di una partecipazione diretta, fisica e intima insieme, di offrire il massimo di soggettività e pienezza espressiva e, in quanto traccia, di far rivivere il gesto prigenio, materializzandolo in segni ipotetici di scrittura.

E’ quanto accade nel più recente lavoro di Giusto Sucato dedicato, appunto, alla scrittura; ad un tipo di scrittura che si pone al di la (o al di qua) della Poesia Visiva o Tecnologica, Concreta o Singlossica (Fotosemantica e ideosemantica); e oltre alla Nuova Scrittura e l’ipotesi sulle più aggiornate relazioni tra Pittura-Scrittura-Scultura, di cui il compianto Filiberto Menna è stato uno dei più acuti teorici. Così Sucato non derogando mimimamente al suo bisogno fisico di ricerca creativa, continua - con autentica coerenza – a rincorrere gli itinerari di una fertile immaginazione antropologica, spingendosi, questa volta, non più nelle aree dei luoghi conosciuti, delle sue radici, ma in territori più lontani.

In quelle latitudini, cioè , dove il dominio del tempo e dello spazio è stata la prima condizione necessaria dello sviluppo della scrittura e del linguaggio, come sistema di comunicazione linguistica che comporta da un lato una memoria e dall’altro un vettore.

Memoria e vettore divergono in tal modo, nelle operazioni di Sucato, capacità specificatamente umana di produrre, servendosi di strumenti e di materiali elementari, tracce grafiche dotate di significati indecifrabili, o dati come processi primordiali di ominazione; processi votati al raggiungimento di quella iniziale coordinazione tra mano e cervello che permette il gesto tecnico, l’impiego dell’utensile per produrre, appunto, tracce grafiche non collegate ancora ad espressioni verbali, a logogrammi.

Né un rinvio possibile può essere praticato in questo caso a scritture geroglifiche e cuneiforme, i cui sistemi nel corso dei secoli si erano altamente sviluppati fino a creare un fenomeno grafico molto complesso. Le tavole di Sucato, scanalate o lisce, di forma cuspidale, spalmate spesso di terra lavica, anticipano dunque culture pre-alfabete, dove il “suolo” è stato supporto del segno, di un gesto di scrittura venerata, sognata, magica, cifrata.

Venerata perché in molte tradizioni la scrittura ha un inventore identificato con un dio.

Sognata.Un sogno rivela la scrittura a Wido di BoneKeta: “L’indomani  egli vede quel che Dio gli aveva detto e inventa la scrittura”. Il re fa effettivamente quello che gli era stato detto in sogno, chiama i suoi sudditi e dice loro: “se disegnerete molte cose diverse e darete loro un nome, farò un libro che parli senza che lo si debba ascoltare. La scrittura era stata trovata e il re insegnò loro i caratteri”.

Magica. E’ possibile che ci si trovi di fronte alla sovrapposizione di più componenti. Il fatto stesso di tracciare un segno scritto, graffirlo, inciderlo è potenzialmente magico, è operazione paragonabile ad altre magìe, come il segnare un circolo per terra.

Cifrata come nei libri arabi di magia, dove gli alfabeti magici sono usati per le formule attive, ma anche in funzione crittografica. Non una modalità mentale sorregge, dunque, la scrittura di Sucato e le materie che le compongono (chiodi antichi e più recenti, resi in forma di caratteri), ma il riflesso speculare di un intento ancora magico-rituale, così come segni tracciati avevano, inizialmente almeno, un forte valore di supporto, mnemotecnica, da integrare, cioè, anche con elementi non presenti nella scrittura, ma lasciati immaginare – altrettanto creativamente – all’osservatore.

In questo senso l’Oriente di queste scritture rafforza l’originalità e le suggestioni che esse emanano, inseguendo un tempo che non è nemmeno arcaico, né presumerico, né preegizio, né ieratico, né demotico e neppure né prelogogrammatico, ma naturalmente simbolico, privo persino di una sua possibile numinosità, cioè di un rapporto specifico con l’individuo vivente, così come l’atemporale installazione del teschio di bue e degli altri suoi componenti vogliono mirabilmente dimostrare.

E se le stesse scritture non originano fonemi né fino sintassi, giacché non divengono voce né parola, la loro apparenza ad una soglia ultraremota del tempo ha consentito all’intervento, effettuato da Anna Guillot nel contesto della mostra, di attribuire alla luce da lei ideata, intanto un ruolo funzionale, anche se diverso, di adeguata illuminazione delle opere, e poi altri significati e simboli che discendono dalle stesse fonti luninose, dalla loro collocazione in punti strategici della sala.

Literazione, infine, dei suoni, dei ritmi primitivi; le ripetute scansioni di suoni vocali e strumentali nell’oscillare delle fiammelle dei ceri modulari, creano così una suggestiva rarefazione spirituale che insieme alla scrittura atemporale di Sucato, tendono a salvare il tempo della tirannia di chronos, e opporre alla sue aride misure il tempo autentico della durata interiore, cioè l’Aión come sentimento arcano del segno della scrittura, della luce, del suono, captati da Anna Guillot nella loro stupefacente globalità percettiva.

 

Francesco Carbone, Centro Studi di ricerca e Documentazione “Godranopoli”