Titolo opera: Superficie A

Codice: 051

Artista: Pagani Alessandro (1940) Piacenza

Anno opera: 1997

Nazione: Italia

Supporto: carta

Tecnica: olio su carta

Dimensioni: 69x99 cm.

Stile: informale

Corrente artistica: contemporanea

Stato conservazione: buono

Ubicazione opera originale: Parma

Descrizione: firmato dall’autore sul retro e sul fronte

 

Biografia:

Alessandro Pagani nasce a Piacenza nel 1940 e vive a Savona dal 1960, la sua attività artistica, oltre che con i mezzi della pittura, si esprime nelle opere in ceramica e in composizioni lignee. Ha iniziato ad esporre dal 1965, partecipando a Parigi alla “Rassegna Internazionale d’Arte” e nell’anno successivo una sua opera è stata esposta nell’ambito della Rassegna Internazionale d’Arte “Città del Pireo” (Grecia); dal 1970 al 1978 ha luogo una impegnata ricerca nel campo dell’astrazione geometrica, al quale è tuttora legata la sua opera. Nel 1971 è stato segnalato al Premio Nazionale di pittura “Città d’Imperia”;
È invitato a premi nazionali e internazionali: Parigi, Grecia, Pireo. Dal 1970 al 1978 esegue un lavoro di ricerca di concezione astratto-geometrica, ottenendo importanti riconoscimenti. Dal 1970 al 1973 lavora in esclusiva per la Galleria “Interarte” di Genova (e Milano), che aveva dato spazio ad un nucleo di quindici giovani pittori liguri. L’incontro con la ceramica ha luogo nelle fornaci della Casa Museo Mazzotti, ad Albisola: successivamente Pagani esegue le sue ceramiche artistiche presso le fornaci di San Giorgio; Musumeci, Grosso, Isola e Tortarolo sempre ad Albisola. Nel 1973 espone con Flavio Roma e Secondo Chiappella nella bottega di Grosso; questa esperienza precede la mostra  “Condizione 73” al Centro d’Arte e Cultura  Il Brandale di Savona. Nel 1975 è presente nella seconda edizione di “Rassegna 2000”, con la fornace di Isola. Nel 1976 con Milena Milani, organizza e partecipa con due ceramiche sperimentali alla 1° Rassegna Internazionale Ceramica d’Arte “Connubio Terra-Plaxiglas” nello storico Pozzo Garitta, Albisola. E’ in questa occasione che presenta due ceramiche sperimentali caratterizzate da un “innaturale“ connubbio fra la ceramica e il plexiglas. Dal 1973 al 1976 esegue composizioni astratte in legno. Dal 1995 realizza le sue opere in ceramica nel proprio studio.

 

Alessandro Pagani ha già esposto al “Brandale” nel 1973. La riproposizione della sua opera a così lunga distanza di tempo assume quindi il significato di una duplice verifica che riguarda sia l’evoluzione della sua esperienza di lavoro, che la linea seguita dalla galleria; quasi un quarto di secolo è un tempo più che sufficiente per trarre entrambi il bilancio dell’attività svolta.

Un’attività che, pur nella diversità dei ruoli (dell’artista e del titolare di uno spazio espositivo), è andata svolgendosi su linee parallele, tenendo fede ai presupposti da cui aveva preso le mosse,sostanzialmente identificabili in una concezione etica dell’espressione artistica. Tanto più necessaria oggi, una simile presa di posizione, in quanto i sempre più numerosi mezzi d’informazione che si occupano dell’argomento, fatte alcune eccezioni, si segnalano per la totale assenza di spirito critico. Ma veniamo all’oggetto del discorso. Per dire, intanto, che per entrambi è valsa la scelta di non farsi condizionare dalle tentazioni del mercato (senza peraltro demonizzarlo), che induce non pochi a rispondere alla domanda, direbbe un economista, di prodotti di facile consumo, o di affidarsi ad una formula buona per tutte le stagioni. Come si è visto l’esercizio dell’arte da parte di Pagani viene da lontano ed è situabile nell’attualità proprio in quanto rifugge dalle esperienze che “fanno notizia”, anche rumorosamente, nel tempo breve, rincorrendosi con ritmo incalzante. È riconducibile alle premesse del ’73. Ne ritroviamo non a caso le tracce (si guardi alla presenza di lettere e numeri in caratteri tipografici) pur dentro uno svolgimento che è approdato ad una trasformazione profonda: dall’iniziale impianto geometrico alla libertà espressiva dell’informale. Dove però coesistono – ed è, per quanto ne sappiamo, un’operazione inedita – i due diversi momenti della costruzione e della spontaneità.

La continuità con le proprie origini legate all’istanza razionale (la geometria, appunto) è presente nei riquadri e nelle circostanze, che declinano rispettivamente la stabilità e il movimento, entro cui sono iscritte le sue recenti elaborazioni formali: queste sue immagini astratte prive di accensioni cromatiche e giocate sulla gamma dei grigi su cui a volte intervengono, a svolgere gli equilibri, striature di un bianco materico che acuisce la percezione visiva; a maggior ragione laddove entra in contrasto con fondi neri. Isolata sull’alto della superficie, l’opera acuista in concentrazione, mentre l’esatezza geometrica che le fa da cornice è talvolta contraddetta dalla fuoriuscita di materia pittorica (non più che qualche spruzzo), leggibile, si direbbe, come lontana eco (si ricordi il dripping) della lezione classica di ascendenza americana.

 

Savona, maggio 1987 a cura di Stelio Rescio – Cartapovera di Alessandro Pagani