Titolo opera: s.t.

Codice: 025

Artista: Del Donno Antonio (1927) - Benevento 

Anno opera: 2000

Nazione: Italia

Supporto: carta alta grammatura, patinata opaca da stampa

Tecnica: mista

Dimensioni: 50x70 cm.

Stile: informale, 

Corrente artistica: contemporanea

Stato conservazione: buono

Ubicazione opera originale: Parma

Descrizione: firmato dall’autore nel retro,

 

Biografia:

Antonio Del Donno nasce il 27-11-1927 a Benevento.

Durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale frequenta l’istituto per geometri di Benevento e si appassiona fortemente al disegno tecnico architettonico, tanto da trovare un’estetica nella geometria. Completati gli studi al Liceo Artistico di Napoli, ottenne la cattedra di Educazione Artistica presso la scuola Media Vitelli di Benevento. L'insegnamento gli consentiva molta disponibilità per dedicarsi all'arte. Decide di frequentare l’Accademia delle Belle Arti di Napoli: qui capisce che il disegno è la sua vita, tra lo stupore del padre, Nicola Del Donno, perfetto burocrate in qualità di funzionario di Prefettura, e la gioia della madre, Anita Ferrelli, che come tutti i Ferrelli sentiva l'amore per l'arte. L’esordio in campo artistico risale agli anni ’50 quando realizza opere figurative, chiaramente tendenti all’informale, raffiguranti vicoli, strade e chiostri; fino ad arrivare alla pura gestualità a fine decade.

Nel corso degli anni ’60 frequenta la Galleria di Lucio Amelio, a Napoli, insieme all’amico Mimmo Paladino, con il quale frequenta conferenze, dibattiti, mostre di artisti europei ed americani.

“Ho frequentato negli anni '60 e '70 la Galleria di Lucio Amelio a Napoli...si organizzavano conferenze, dibattiti, interviste, mostre di noti artisti quali Paolini, Schifano, Burri, Zorio, Pistoletto, Merz, Kounellis, Beuys e Rauschenberg”.

 

Nel 1964 i due amici sono a Venezia per la Biennale: fu un momento importante per la carriera artistica di entrambi.

In quell’occasione conobbe i lavori di Rauschenberg, De Kooning, Pollock, Tapiés, Warhol, Vedova e Schifano: artisti che Del Donno ritiene suoi maestri ispiratori. Da questo particolare humus culturale Del Donno trae diverse lezioni che lega con un aspetto artistico molto intimo e personale. Si può notare in particolare la lezione oltreoceano della corrente New dada, che Del Donno sviluppa realizzando delle opere in cui il gesto umano preponderante e deciso lascia intravedere un substrato preesistente e di riutilizzo (figure o scritte da ritaglio di giornale).

 

Antonio del Donno è un eterno curioso della vita e dell'arte, un amante instancabile della pittura, della ricerca, dei linguaggi visivi. I suoi lavori, caratterizzati da una forte gestualità, lasciano intravedere un substrato preesistente composto da materiali di riutilizzo.

Filiberto Menna scrive: “Sono proprio le infinite proposte cromatiche a catturare lo sguardo del pubblico: il colore che, mediante pennellate vibranti, diviene esso stesso materia. Ma anche la linea ha un ruolo fondamentale nella pittura di Del Donno. Dopo cinquanta anni di attività la sua ricerca artistica è ancora dominata dalla linea, tirata sempre con la stessa energia e vissuta sempre alla ricerca di nuovi linguaggi. In nessun lavoro di Del Donno (eccetto le fotografie) compaiono figure umane. In realtà le sue opere sono popolate di persone: è lo spettatore stesso, che fruisce e consuma l'opera attraverso i segni, le frasi, i colori, i gesti che gli si presentano davanti”.

 

Uno dei più famosi lavori, degli anni ’70, di Del Donno è la serie “Vangeli”: tavole di legno incollate e tenute insieme da cerniere di ferro che riportano i versetti del Vangelo, per denunziare uno stato di fatto.

Un critico intervistato racconta: “Del Donno parla con la pittura, con il pennello, con la sua opera. In questo modo evidenzia il suo modello di vita, un modello quasi francescano.

Come le tematiche trattate dal pittore, il suo intento è quello di trasferire, attraverso opere concettuali, messaggi evangelici, legati alla sua profonda religiosità”. Del Donno utilizza certamente un linguaggio a volte "informale" utilizzando tutti i mezzi che ha a disposizione: fotografie, serigrafie, ritagli di giornali, legno, ferro, colori acrilici, al fine di rendere il messaggio più prorompente. Questa libertà di linguaggio è espressione anche della sua libertà spirituale, che gli ha consentito sin dagli inizi di scegliere i luoghi e le periferie di piccoli centri urbani impregnati di umiltà.

 

Tra gli anni ’70-’80 si dedica alla serie “Tagliole” composta sia da dipinti che da sculture.

La tagliola nasce in un momento e contesto preciso, nasce negli anni della sua maturità artistica. l'aver realizzato una tagliola a grandezza d' uomo, volendo indicare uno stato di scacco contro il potere, "una sua autobiografia".

Escluso da una rivista d’arte, Del Donno si sentì non solo vittima del potere, tagliato fuori dall’ambiente artistico, ma anche soffocato ed oppresso da un mondo di compromessi a cui non voleva sottostare.

 

Oggi, questa serie, si fa portatrice di significati universali di sofferenza, esclusione ed isolamento; ma allo stesso tempo, è anche il simbolo di una risposta ad un potere che tiranneggia, da dissacrare e indebolire attraverso la forza dell’arte.

In realtà in tutta la sua produzione esiste una problematica sociale, una al di là di ogni ideologie politiche - religiose, esiste soprattutto il compiacimento del gioco che contiene il fascino delle forme e delle linee in armonia fra loro, dove prevale la semplicità e la spontaneità.

Negli anni '80, in particolare, il substrato prende sempre più spesso il sopravvento fino ad assumere una vera e propria caratteristica di combine-painting.

 

Negli anni ’90 continua a riproporre questa combinazione tra pittura gestuale ed oggetti, ma ora si intravede una forte reazione simbolica, non più ironica e fiduciosa nel progresso e nella società, di totale sfiducia. Del Donno ha partecipato su invito a numerose mostre personali in Italia ed all'estero. Del 1998 è la personale alla Galleria Studio Oggetto di Milano curata da Achille Bonito Oliva.

 

Nel 2007 Antonio del Donno è stato insignito del “Gladiatore Sannita”, premio istituito dalla provincia di Benevento e riservato ai personaggi distintisi in campo artistico, imprenditoriale e sportivo. Secondo Achille Bonito Oliva, Del Donno è un artista «classicamente moderno, e portatore sano di un’arte capace di produrre differenze mediante la creazione di forme che utilizzano standardizzazione, oggettività a neutralità in maniera fertile, capace di filtrare nell’immaginario di una società di massa pervasa dal primato della tecnica a da questa svuotata di soggettività. Ma questo svuotamento non va visto come una perdita, come potrebbe sembrare ad una mentalità tardo-umanistica o marxista».

Le sue opere sono esposte in più di 45 città e in oltre 72 luoghi diversi fra musei, mostre permanenti, spazi privati, luoghi istituzionali, tra cui: Amburgo Staats-und Universitatbibliothek - Ancona Galleria d'Arte Contemporanea - Ascoli Piceno Civica Galleria d'Arte Contemporanea - Barcellona Museu de Badalona Benevento - Amministrazione Provinciale Biblioteca Provinciale Museo del Sannio Bolzano - Museo d'Arte Moderna - Brema Neues Museum Weserburg Bremen - Bruxelles Centre d'Art Contemporain Musée D'Art Moderne - Capua Museo Campano - Caracas Museo de Arte Contemporaneo de Caracas Sofia Imber - Città del Vaticano Museo Vaticano Sala Contemporanea - Claut Museo d'Arte Contemporanea - Firenze Biblioteca Nazionale Centrale - Fregene Museo di Scultura Internazionale - Gallarate Civica Galleria d'Arte Moderna - Ginevra Petit Palais Musée d'Art Moderne - Grenoble Musée de Grenoble - Haifa Haifa Museum of Modern Art - Legnano Fondazione Pagani: Museo d'Arte Moderna - Liegi Musèe d'Art Moderne - Lione Nouveau Musée - Los Angeles Los Angeles County Museum of Art - Madrid Museo Espanol de Arte Contemporanea - Miami Beach Archive Ruthand Marvin Sackner - Monaco Staats Galerie Moderner Kunst - Motreal Musée de l'Art Contemporain - New York Columbia University Museum of Modern Art - Oxford International Concrete Poetry Archive Museum of Modern Art - Palermo Civica Galleria d'Arte Moderna - Pieve di Cento Museo Bargellini - Prato Museo Pecci - Rio de Janeiro Museu de Arte Moderna - Roma Archivio Bentivoglio - Rotterdam Volks- Universiteti - Salerno Archivio d'Arte Contemporanea dell'Università di Salerno - San Marino Rep. Galleria d'Arte Moderna - San Paolo Museu de Arte da Universidade de Sao Paulo do Brasil - S. Croce del Sannio Istituto Storico Giuseppe Maria Galanti (Museo) - Sassoferrate Museo Civico - Senigallia Museo dell'Informazione - Sestri Levante Pinacoteca Comunale - Siviglia Museo d'Arte Contemporaneo - Skoplje Museum of Contemporary Art - South Yarra Australian Centre for Contemporary Art - Stoccolma Statens Konstmuseer- Nationalmusei Bibliotek - Strasburgo Istituto Italiano di Cultura - Suzzara Civica Galleria d'ArteModerna - Tirana Museo Etnografico Tiranese - Tokyo Hara Museum of Contemporary Art - Torino Galleria Civica d'Arte Moderna - Toronto Istituto Italiano di Cultura - Trento Galleria Civica d'Arte Contemporanea - Vienna Istituto Italiano di Cultura - Villeneuve-d'Ascq Musée d'Art Moderne - Virgilio Museo Virgeliano - Zagabria Talijanski Kulturni Centaur Zagreb.

 

MOSTRE PERSONALI:

2012 Sala Carino Gambacorta presso Banca di Teramo, Antonio Del Donno, Teramo

2012 Paesaggi e Presagi, Antonio Del Donno, Magma Museum, Roccamorfina (CE)

2011 Antonio Del Donno - Equi...latero, Galleria Cosmopolitan Art Center, Veglie (LE)

2011 Antonio Del Donno - Tagliola, Takeaway Gallery, Roma

2011 Antonio Del Donno - Evoluzioni, Galleria Magi 900, Pieve Di Cento (BO)

2010 , Antonio Del Donno Ex Carcere Borbonico, Avellino

2010 Antonio Del Donno, Mas-Museo dell'Arte e dello Splendore, Giulianova

2010 Antonio Del Donno, Saletta d'Arte Viviani, Pisa

2009 Antonio Del Donno, Museo Civico Umberto Mastroianni, Marino (Roma)

2009 Museo Gabriele D'Annunzio, Pescara

2008 RipArte 4 / Spazio-Tempo, Metrò Spazio Art, Casagiove (CE)

2008 Margutta Ristoarte, Antonio Del Donno, Roma

2008 Galleria D'Arte Moderna, Termoli

2008 Estrada Galtlery, Los Angeles

2007 Castello Piccolomini, Celano (L'Aquila)

2006 Art Gallery, Romae

2006 Galleria Margutta 102, Roma

2006 Palazzo Orsini, Museo Graziano, Roma4

2005 Galleria KB Art, Rende (Cosenza)

2005 Galleria Margutta 102, Roma

2005 Libreria Alice, Roma

2005 Galleria Margutta Arcade, Roma

2005 Art Dabliu, Roma

2004 Galleria Il Bruco, Roma

2004 Panathlon Club, Caserta

2003 Palazzo Reale, Caserta

2002 Biblioteca Comunale, Bellona (Caserta)

2000 Museo Campano, Capua

1999 Effedue Galleria d'Arte Moderna, Bergamo

1998 Studio Oggetto/Mediarte, Caserta

1997 Ammiraglio Acton, Milano

1996 Palazzo dei Consoli, Gubbio/Galleria d'Arte Contemporanea Fumagalli, Bergamo

1994 Civica Galleria d'Arte Moderna, Gallarate/ Hotel Giò, Perugia

1993 Arte Fiera, Bologna Galleria Soave, Alessandria

1992 Arte Fiera Bologna

1991 Galleria d'Arte Contemporanea Fumagalli, Bergamo, Arte Fiera Bologna

1990 Cattedrale di San Domenico, Urbino/ Palazzo dei Consoli, Gubbio

1988 Centro Culturale Italiana, Zagabria (Jugoslavia)

1987 "Antologica 50-87"- Museo del Sannio, Benevento/ Palazzo dei Vescovi, Caserta

1986 Galleria d'Arte Contemporanea Fumagalli, Bergamo/Centro Culturale Belvedere di S. Leucio, Caserta/ Volksuniversiteit, Rotterdam/ Staat Und Universitatsbibliotek, Amburgo.

1985 Studio Cavalieri, Bologna/ Galleria d'Arte Contemporanea Fumagalli/ Saletta dell'Uva- Belvedere di S. Leucio, Caserta.

1984 Sala Conventuale S. Croce del Sannio, Benevento

1983 Galleria d'Arte Contemporanea Fumagalli, Bergamo/ Museo del Sannio, Benevento

1982 Il Brandale, Savona

1981 Sala Conventuale, Benevento/ Studio Inquadrature 33, Firenze

1979 Il Brandale, Savona/ Galleria L'Incontro, Genova

1977 Studio Oggetto, Caserta

1975 Senso Unico, Benevento

1972 Arti Visive, Roma

1969 Studio Oggetto, Caserta

1968 Galleria Carolina, Portici

1966 Pinacoteca Conventuale, Benevento

1965 "Nuove Ricerche"-Museo del Sannio, Benevento

1962 Pinacoteca Provinciale Benevento

 

MOSTRE COLLETTIVE

2012 Di-segni poetici, Lecce Biblioteca provinciale

2012 Dagli anni Quaranta alla nuova generazione, Castel Gandolfo (RM)

2011 L'io e il trascendente, Basilica Minore di Maria S. Assunta, Santa Maria A Vico (CE)

2011 Di-segni poetici,Palazzo Marchesale , Matino (LE)

2011 Scritture visive, Galleria Marelia, Bergamo

2010 Galleria Cortesi e Lisanti, Venti libristi, Roma

2010 Takeway Gallery , Collettiva, Roma

2009 Galleria Marelia, Yellow! Variazioni in giallo, Bergamo

2008 Muspac -Museo Sperimentale D'Arte Contemporanea, La Falce e il Martello. Simboli di ferro, L'Aquila

2008 Tempus fugit, Palazzo , Caserta

2008 Books&Books, Mediateca Comunale, Enna

2008 RipArte / Spazio Tempo. Passato-presente-futuro nelle collezioni dello Studio Oggetto, Metrò Spazio D'Arte, Casagiove (CE)

2007 Essere Totò, Caserta

2007 Riparte, Galleria Margutta 102, Roma

2007 Fiera d'Arte, Palermo

2007 Galleria Horti Lamiani, Roma

2007 Quasi pagine, Biblioteca Civica San Giorgio, Pistoia

2007 Museo Bargellini, Pieve di Cento (Bologna)

2007 Fiera d'Arte, Galleria Italarte, Reggio Emilia

2007 Spazio Etoile, Roma

2007 Le Scribe l'Harmattan, Parigi

2007 Museo Sperimentale, l'Aquila

2007 Tempus fugit, Palazzo Vecchio, Caserta

2007 Macrico per la città, Palazzo Vecchio, Pozzovetere (Caserta)

2006 Vitarte, Galleria Agostinelli, Roma

2005 Fiera D'Arte, Galleria L'Antiquario Forlì

2005 Fiera D'Arte, Galleria L'Antiquario Palermo

2005 Galleria Margutta 102

2005 Expo, Aichi (Giappone)

2004 Fondazione Cassa di Risparmio, Cosenza

2002 Palazzo Reale, Caserta

2000 Palazzo Reale, Caserta

1999 Grafica Internazionale, Galleria Effedue, Bergamo

1999 Marte, Milano/ Galleria d'Arte Contemporanea Fumagalli, Bergamo/Arte Fiera, Bologna

1998 Galleria d'Arte Contemporanea Fumagalli, Bergamo, Arte Fiera Bologna

1994 Expo Arte, Bari, Di Carta ed Altro/ Museo Pecci, Prato

1993 "Der Buchismus" Minipressen, MesseGutemberg Museum, Mainz/ Museo d'Arte Moderna, New "Der Buchismus" Minipressen, MesseGutemberg Museum, Mainz/ Museo d'Arte Moderna, New York

1991 Arte Fiera Bologna, Arte Contemporanea Sport Handicap, Bergamo

1990 Scultori al Festival dei Due Mondi, Spoleto/Lineart Gent '90, Belgio Il Librismo

Fiera di Cagliari/Spazio Urbano, Spoleto/ West Room Gallery New York

1988 Expo Arte Bari

1987 Galleria d'Arte Contemporanea Fumagalli, Bergamo/ Studio Cavalieri, Bologna

1986 "Cartagine-Cartagine2", Marcianise

1985 Expo Arte Bari/Museo del Sannio, Benevento/Expo Tevere, Roma

1984 Galleria d'Arte Contemporanea Fumagalli, Bergamo/Expo Arte, Bari, Biblioteca Centrale Regione Sicilia, Palermo

1983 Volksuniversiteit, Rotterdam; Studio Cavalieri, Bologna

Staads Und Universitatsbibliotek, Amburgo; Expo Arte Bari

1982 Expo Arte, Bari

1976 "Civette e Civetterie", Galleria dei Bibliofili, Milano

1975 "Situazione 75" , Napoli

1971 Premio Brunelleschi, Firenze; Incontri Sincron, Rimini

1968 Premio Frattamaggiore, Napoli; "Linea Sud", Santa Maria Capua Vetere

Premio Dodaro, Bari; Premio G.B. Salvi e Piccola Europa, Sassoferrato

1965 "Italia Nuova", Napoli

1963 Premio Porto di Napoli

 

CRITICA:

 

Mario Rotili, 1962

Con un segno rapido ed incisivo, specie quando scorre sottile a suggerire più che a delineare le forme (evidente frutto di uno studio severo) a con un cromatismo controllato, capace di sfumature tenui o di suggestivi accordi tonali, Del Donno si rivela un incantato contemplatore di paesaggi, di ambienti urbani, di scorci architettonici. E qui, soprattutto, quando ritrae strade,case e distese ampie di tetti, dominate da cupole a da torri, o quando si ferma incantato dinanzi a monumenti o a nude strutture architettoniche, che gli suggeriscono ritmi larghi e solenni. Antonio Del Donno rivela evidenti qualità positive, che fanno salutare con compiacimento a con un fervido augurio il suo battesimo di pittore.

 

Achille Bonito Oliva, 1968

Tratto dal catalogo Galleria - Portici

Antonio Del Donno muove da una posizione, tendente ad inglobare nella propria operazione l'evidenza del mondo fenomenico e una possibile e conseguente misurazione. I materiali impiegati sono il legno, la plastica ed altri di provenienza industriale. Egli organizza il tutto im maniera da realizzare dei contenitori di luce, la quale viene ingabbiata nelle strutture e restituita poi attraverso delle sottili piastre in plastica che ne permettono lo sforamento. L'intera organizzazione risponde ad un criterio tendente non soltanto a realizzare un occultamento dello spazio quotidiano attraverso l'evidenziamento delle forme risolte secondo una mentalità estetica ma anche una contestazione delle costanti che reggono lo spazio urbano.

 

Filiberto Menna, 1968

Del Donno presenta i suoi contenitori di luce, con i quali imbriglia un elemento fluido come la luce in strutture rigorose, in modo da costruire uno spazio certo per l'espansione del fattore luminoso.

 

Mirella Bentivoglio, 1978

Tratto dal catalogo Mazzotta

Ho conosciuto Del Donno nel 1972, mentre era in corso la sua mostra nella galleria romana Artivisive. I suoi "Vangelioggetto" di grandi dimensioni, realizzati in legno vecchio, riportavano una frase di S. Paolo sul conformismo, impressa a fuoco. Allora non si vedevano in giro libri lignei. E in quegli anni la dissacrazione indistinta, astuta, era il nuovo conformismo, il nuovo feticcio da dissacrare. Del Donno lo aveva capito, lo faceva sentire nelle sue scelte coinvolgenti; nelle sue misure e materie, nei suoi procedimenti, come nei suoi segni verbali e oggettuali, la sua logoiconografia. Aveva esposto anche grandi tagliole, cresciute a misura d'uomo come in un paese di Swift. La dimensione era 1'elemento linguistico che portava la forma di quegli strumenti sul versante simbolico; il loro profilo, dilatato, assumeva nello spazio 1'ambigua forza, grafica e non, dell'ideogramma-scultura. La lunga pausa che ha seguito quei lavori può essere letta come un'altra prova di autonomia. Sbloccato il suo rifiuto negli oggetti a negli environments (lo zaino di ferro, la gabbia rotta, la croce obliqua rotante, il tubo-tunnel, le civette vive a impagliate) Del Donno è tornato gradualmente alla pittura: ma 1'ha riacquisita "scritturalmente". Alla libertà del gesto concitato ha accompagnato lo scavo di un segno sovrapposto: quasi una cancellazione; "casuale" e non.

 

Enzo Battarra, 1979

Ma lungi dall'essere, quella di Del Donno, una semplice ricerca estetica, dopo aver perseguito il preziosismo stilistico in oggetti che sembravano quasi usciti dalla mano di un designer, Antonio Del Donno rivolse il suo interesse e problematiche piu ampie, Interessanti queste sue riflessioni: "L'uomo d'oggi a un uomo che è cosciente di far parte del freddo sistema socioeconomico, sa di aver perduto la sua individualità. Cerca dovunque, nella cieca violenza, nella vana cultura, nella religione, nell'effimero successo la valorizzazione del suolo. Tenta di riformare la società, lotta per una coscienza politica collettiva, ma egli stesso è parte del sistema, ne è strumentalizzato e soggiace a ogni compromesso".

Quasi con estrema sintesi di queste sue riflessioni, Antonio Del Donno inventa la struttura imperante: la tagliola. Questa viene costruita artigianalmente in dimensioni gigantesche per rendere piu palese ed evidente il significato simbolico dell'oggetto. E ognuno di noi vi si ritrova immobilizzato all'interno. Assieme alla tagliola Del Donno elabora un altro oggetto-soggetto caro alla nostra cultura, il Vangelo, portato anch'esso a dimensioni assurde, realizzandolo in legno. E dal Vangelo viene estrapolata una frase, anche presente nelle opere successive, che riecheggia inascoltata, nel vuoto, come un motto beffardo: "E non siate conformati alle cose di questo mondo, ma trasformatevi nelle vostre menti". E veniamo all'ultima produzione, quella presentata qui a Caserta. Sono delle tele, e fin troppo evidente è il ritorno all'informale, un informale che ha pero fatto esperienza. E' ritornato il segno primitivo, duro, asciutto, ma gli spazi si sono arricchiti di colori contrastanti, assurdi e fantastici, impegnati in giochi cromatici, dove la pennellata è a volte piu decisa a volte meno. E proprio da questo procedere di linee decise e di ampi spazi cromatici nasce quello che è il tessuto costitutivo delle opere di Del Donno: 1'irrazionale che si sposa con il razionale. E' 1'istinto che si accompagna alla ragione, la linea, frutto dell'impulso, si impegna a delimitare e a segnare le unità di colore, la violenza dell'intervenire deve quindi fare i conti con uno studio preciso e metodico del colore. Infatti, sono proprio le infinite proposte cromatiche che lasciano allibito colui che guarda l'opera, il colore diviene quasi materia, una duttile materia, in cui, per la sua brillantezza, siamo portati a specchiarci, ma non c'e nulla di pacato dinnanzi ai nostri occhi, c'è una congerie di umori. La tela viene segnata con ampi gesti e il colore è portato a scontrarsi con se stesso, il tutto racchiuso in una precisa dialettica interna.

 

Filiberto Menna, 1987

Tratto dal catalogo Mazzotta

Mi capita quasi sempre di sentire che i miei quadri vengono recepiti come un qualcosa che va oltre il semplice fatto retinico. E questo mi rende felice, anzi direi che è tutto qui il successo…" Forse può apparire singolare, e tutta prima, distraente una dichiarazione di poetica come questa, o, meglio una valutazione della propria opera in una chiave, appunto, "non retinica". Antonio Del Donno è troppo legato a una radice manuale, direi artigianale, nel senso più antico e nobile del termine, è troppo coinvolto dalle suggestioni provenienti dalla materia e dalla fattura, per poter pensare che l'opera finita parli non attraverso gli occhi, per pensare che noi gli prestiamo completamente fede quando si dice felice di un impatto non retinico del la sua opera. Eppure sentiamo che la sua notazione risponde ad una verità più profonda, che essa ci dà una chiave di lettura non convenzionale del suo lungo a tormentato lavoro di artista, vissuto in disparte, quasi ai margini del dibattito culturale considerato il più attuale a alla moda, ma attento ai mutamenti reali, ai cambiamenti che contano veramente nei percorsi dell'arte. Il fatto è che Antonio Del Donno è un artista che crede ancora, e fermamente, nel vero e nel falso, nell'autentico e nell'inautentico, che ha una moralità da affermare con il proprio lavoro. Direi che Del Donno è un moralista, se il termine non si accompagnasse spesso a una connotazione limitativa, se non addirittura negativa, in tempi come i nostri dove contano invece le disponibilità più flessibili, la spregiudicatezza a il cinismo. Ma bisogna intendersi: Del Donno, nonostante le apparenze, non è un misantropo, una sorta di moderno gentiluomo di campagna irto a scorbutico che aborre 1'attualità. Al contrario, egli ha seguito con attenzione il divenire dell'arte, vivendone alcune fasi dall'interno (le fasi che sentiva a lui veramente congeniali); altre osservandole con occhio acuto, in grado di coglierne il senso più vero, Lui stesso ha detto che "1'attualità e la moda sono fattori costruttivi", ma lo sono solo quando "vengono filtrati attraverso la sensibilità dell'artista che se ne impossessa facendone espressione della propria identità". Tocchiamo qui il punto centrale della questione posta dall'opera di Antonio Del Donno a dalla stessa qualità umana dell'artista: ciò che Del Donno chiede all'arte, anzitutto alla sua, ma anche all'arte in generale, quella che egli definisce autentica e vera, è di farsi tramite per il raggiungimento di una identità, di una capacità di essere in mezzo agli uomini a alle cose contrassegnato dalla dimensione dell'autentico, L'opera d'arte è il tramite, il mezzo attraverso il quale 1'autore indica una via possibile di riscatto da una quotidianità troppo compromessa con un sistema di valori fondati sulla moda a sul denaro. In questo senso, niente affatto retrivo o misoneista, possiamo tranquillamente dire che Del Donno è un moralista e che la sua opera vuole essere portatrice di moralità. In fondo, il senso complessivo che si può cogliere nel suo lavoro è un atteggiarsi dell'intelligenza a della sensibilità nei confronti dell'attuale sistema di valori segnato da un accento fortemente critico, mentre viene riservata un'accoglienza tutta diversa a ciò che ha radici profonde in una condizione antropologica più disponibile all'incontro con la natura. In questo è da ricercare il motivo di una impressione ricorrente di fronte all'opera di Del Donno, di avvertire un accento antico, anzi arcaico, una parlata che sembra provenire da luoghi remoti, quasi dimenticati, ma che basta un gesto, un segno, un grumo di colore e di materia su un supporto povero come una tavola di legno, per farci riconoscere come luoghi familiari. Né deve meravigliare che Del Donno abbia riconosciuto un debito decisivo per il suo lavoro a un artista come Rauschenberg ("io ho vari `padrini', ma quello che in me ha provocato lo shock è stato Rauschenberg, perchè mi ha fatto conoscere l'azzardo, la libertà e la manipolazione di varie tecniche"): il fatto è che l'artista americano apre sull'universo metropolitano moderno, segnato dalla produzione a dai consumi di massa, ma porta con sè una capacità di prelievo e di manipolazione che appartengono a una dimensione antropologicamente antichissima, legata all'infanzia dell'uomo, come specie e come individuo, per cui nella sua opera si verifica un corto circuito tra ciò che appartiene all'universo tecnologicamente più avanzato e ciò che appartiene a un funzionamento della mente che possiamo definire primitivo. Si comprende meglio, a questo punto, il senso di una immagine ricorrente nel lavoro di Del Donno, quella della tagliola, che acquista per giunta una dimensione gigante, come una immagine onirica. Certo, la tagliola è l'emblema di una condizione di prigionia, di impossibilità vitale (come lo sono le icone della gabbia a della civetta impagliata, una anche quella del tubo-tunnel), ma ha nello stesso tempo una sua pregnanza concreta, legata proprio alla vertiginosa sincronia di arcaico e di moderno realizzata dall'opera di Del Donno. E da questo punto di vista ha ragione Mirella Bentivoglio quando scrive, a proposito delle "grandi tagliole, cresciute a misura d'uomo come in un paese di Swift", che "la dimensione era l'elemento linguistico che portava la forma di quegli strumenti sul versante simbolico; il loro profilo, dilatato, assumeva nello spazio l'ambigua forza, grafica a non, dell'ideogrammascultura". Un'arte come antropologia culturale, dunque, come scavo nelle profondità del passato a partire dalle tracce che questo ha lasciato in mezzo a noi e che convivono con gli oggetti e le immagini dell'universo tecnico moderno. Sincronia, compresenza, quindi, e non recupero "colto", di tipo "anacronistico" e simili: nell'opera di Del Donno non c'è nessuna indulgenza verso la citazione e il remake; c'è piuttosto il prelievo e il rifacimento, come quando ci serviamo di un vecchio utensile o di un oggetto abbandonato e li adattiamo a nuovi usi. Di qui, un altro aspetto importante del lavoro di Del Donno, la sua componente fabbrile, affidata a un gesto robusto e sicuro, che tratta le materie e i supporti con profonda conoscenza, con una familiarità che rivela una lunga consuetudine, propria di una cultura contadina. Tutto ciò che circonda l'artista ha un suo preciso valore d'uso a prima di essere gettato nei rifiuti ha diritto a un'attenta riconsiderazione, per vedere se non possa essere riconvertito in un nuovo attrezzo per la nostra vita quotidiana. Anche l'opera di Del Donno assume pertanto il senso di una combine-painting, in cui il dato preesistente, per lo più supporti poveri di legno, di varie dimensioni a forme, viene assunto e riconvertito in pittura mediante un gesto che agisce con forza manipolando colori e materie a trasformandoli in segni violenti come graffiti o lievi e veloci come una pittura-scrittura. Da questo punto di vista appaiono particolarmente significativi gli inchiostri eseguiti dall'artista agli inizi degli anni Cinquanta, legati alle esigenze della rappresentazione (vedute della città natale, per lo più), ma già consegnati a un segno deciso che rivendica una propria, piena autonomia strutturale e che è stato paragonato, non senza una qualche ragione, al segno di un Hartung o di un Kline. Il gesto informale ha avuto ed ha, infatti, un ruolo assolutamente primario nel lavoro di Del Donno; costituisce, in un certo senso, il trait d'union che tiene insieme le diverse fasi del lavoro dell'artista, dagli inizi, sopra ricordati, fino alle opere recenti caratterizzate da una vigorosa ripresa di una pittura gestuale. Ma anche in questo caso il gesto si carica, nella poetica di Del Donno, di un significato particolare, di veicolo di espressione-strutturazione dell'interna forza pulsionale e quindi di momento di relazione tra interno ed esterno, soggetto a oggetto, arte e natura.  

fonte:  http://www.deldonno.com/


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